NonViolenza in un mondo violento
Dario Ergas - discorso nell'anniversario della fondazione Laura Rodriguez - 18 luglio 2009
È difficile il tema, chiedo dentro di me che l'ispirazione avvolga le parole e la nostra comprensione.
Qual è il problema? Se mi attaccano, se mi vessano, se sono soggetto ad aggressioni di ogni tipo, come posso difendermi da esse senza la violenza? Come posso frenare una forza se non contrappongo un'altra forza simile? Se un potere vuole schiacciare me, o il mio gruppo, e in più quel potere mi diffama con i mezzi di comunicazione, che altra scelta mi rimane se non fermare in qualche modo quella violenza? In che modo il debole può affrontare la violenza del forte?
Nessuno vuole la violenza, ma poiché la violenza è esercitata su un individuo, il suo utilizzo è sempre giustificato. La violenza per frenare la violenza ha un "odore" di legittimità. Sentiamo dire: "La Nonviolenza va bene quando siamo tra gente civilizzata, ma di fronte ai trogloditi, stia zitto lei che è nonviolento e ci lasci mettere ordine al disordine". Credo sia più o meno questo il tema in questione. Come essere nonviolento dentro un mondo violento.
La violenza non è un aspetto qualsiasi della nostra forma di vita dal quale possiamo prescindere come se niente fosse. È un modo di azione sociale che viene da lontano nella storia umana, è una reazione al timore e alla paura piuttosto naturale e animale. La violenza ha radici profonde in noi e non è una cosa sradicabile per decreto. L'organizzazione sociale è basata sulla violenza. Una violenza che è monopolio degli stati ed in ultima istanza degli eserciti. Quando la società entra in panico gli eserciti reagiscono. Quando la paura si impadronisce della persona, si impadronisce di lei anche la violenza. Possiamo dire di noi stessi che siamo gente buona e pacifica, ma se all'improvviso qualcosa mette in pericolo quello che è mio, quello che mi dà stabilità, se qualcuno entra furtivamente per strapparmelo, la violenza emerge dagli strati tettonici dalla mia coscienza ed una scimmia violenta mi rimpiazza, occupa il mio corpo e sarà pronto a reagire. Se ciò che mi attacca è molto forte, allora contengo la mia violenza che trasformata in risentimento ed in odio cercherà la sua rivincita. A questo punto la vendetta annidata culturalmente aspetta il momento di soddisfarsi quando l'opportunità si presenterà.
Forse qualcuno di noi che vive immerso nella società violenta, può dire di essere libero da essa?
Non esercitiamo forse violenza?
Alle origini della Nonviolenza un certo Mahavira, contemporaneo di Buddha, decise di spingere al limite estremo il non esercitare violenza. Quindi non poteva camminare per non calpestare le formiche che avrebbe potuto trovare al suo passaggio, e dopo 30 anni senza quasi mangiare né muoversi ebbe un'illuminazione. Ancora oggi alcuni Giainisti eredi degli insegnamenti di Mahavira spazzano il suolo dove camminano prima di calpestarlo.
Se volessimo evitare di esercitare violenza all'interno di un sistema violento, non potremmo pagare né ricevere stipendi, dovremmo uscire da ogni regolamentazione statale, non pagare le tasse perché con quello che paghiamo gli stati si armano fino ai denti, ecc., dovremmo isolarci completamente dalla società e sicuramente non ci prenderebbero per mistici ma ci rinchiuderebbero in manicomio.
La violenza è dappertutto. Anche lo sfruttamento, la manipolazione, la discriminazione sono forme di violenza che si accumula in quelli che la soffrono finché non scoppiano fisicamente. Anche i tassi d'interesse finanziario dei crediti per la salute, l'educazione e l'abitazione, sono una forma di violenza. Quando succedono i disordini negli stadi di calcio, in Cina con le etnie religiose o nell'Amazzonia peruviana, restiamo sorpresi perché non vediamo l'accumulazione delle forme di violenza alle quali le popolazioni sono sottoposte. Ogni fazione opposta è sempre la parte violenta e uno sta sempre dalla parte giusta che si trova obbligata ad utilizzare la violenza.
Non è facile cambiare questa credenza che è molto radicata. Intuiamo che la violenza non si accorda con l'umano, e anche se sospettiamo che sia qualcosa che si trascina dal suo antenato ominide, non vediamo nessuna possibilità di uscirne. E poi perché bisognerebbe uscirne? In fin dei conti l'umanità è arrivata fino a qui senza che sia stato necessario sradicarla. Si sono potuti controllare, incanalare gli impulsi violenti, si è stabilito un sistema di giustizia, per usarla con una certa razionalità. Alcuni muoiono quando la violenza sfugge dal controllo, ma tutti moriremo un giorno, per una ragione o per un'altra. Dovrebbe esserci un motivo molto importante per cambiare questa direzione della coscienza.
A volte quella crosta di sofferenza e dolore che copre la nostra vita, è attraversata da raggi che illuminano spazi di libertà, di amore, di amicizia, di solidarietà, di "tu", tu che importi molto e a volte, molto più che molto. A volte un mondo nuovo appare davanti ai miei occhi, guardo me stesso e non mi riconosco, non sembro io, la felicità mi invade e ciò mi fa pensare che non tutto è paura, non tutto è soffrire, non tutto è violenza. Se solamente quel raggio che a volte mi attraversa potesse allargare il buco della crosta che mi imprigiona e che ci imprigiona, se questo fosse possibile, tutto sarebbe molto diverso. Se questo fosse possibile, la vita avrebbe un senso per essere vissuta.
Stiamo parlando dei temi fondamentali della vita umana. La riflessione sulla violenza ci mette di fronte al nonsenso della vita e se la mia vita non ha senso e se tutto finisce con la morte, non ci sarà energia sufficiente per tentare un salto umano.
Silo, che è molto importante nella formulazione attuale di questo problema, iniziò il suo messaggio nel 1969 spiegando che un manto di violenza si era steso sull'umanità e che non c'era forma di uscire dalla violenza. Che la violenza è dentro la nostra coscienza, che la sua radice è la sofferenza e che si soffre per paura della solitudine, della malattia e della morte. Che tentiamo di risolvere questa paura per mezzo dei desideri, delle illusioni e delle speranze, e che quanto più sproporzionati sono i nostri desideri, tanto più aumenta la nostra sofferenza e la nostra violenza. Così Silo iniziava il suo insegnamento, per poi esporre la parabola del carro del desiderio, delle sue ruote del piacere e del dolore e di un cavallo, detto Necessità, che si stancava quando il carro del desiderio era molto carico. Con il passare degli anni, queste frasi avrebbero trovato un esteso sviluppo in una filosofia, in una psicologia e in una mistica.
La paura, il nulla e la morte sono la sostanza della violenza, è di questo che è fatta. Ma non è la paura il fondamento dell'umano. Non è la morte quello che gli dà significato, bensì la sua necessità di immortalità e di trascendenza. Se la scintilla dell'immortalità fosse custodita nel fondo del cuore umano, come una brace sopita che ha bisogno di un soffio per accendersi e se all'improvviso quel soffio l'infiammasse e volesse uscire dal suo mondo lontano per tingere il mondo umano; se un'azione fosse diversa da un'altra per il fatto che certe azioni accendono il fuoco interno ed altre azioni lo spengono; se l'essere umano fosse l'esca in cui si annida la scintilla divina e la sua azione fosse la pietra che la infiamma, se quel fuoco interno fosse tanto intenso da illuminare il mondo che guardo; se tutto fosse ricoperto da un fuoco di essenza e senso e se quello mi riempisse dalla testa ai piedi, non vorrei mai spegnerlo. L'atto morale è tale perché infiamma la scintilla divina all'interno dell'essere.
La Nonviolenza è un stile di vita, una ricerca del sacro, la manifestazione di ciò che è davvero umano. Non è semplicemente un atto politico, è soprattutto un atto morale, è la ricerca di un nuovo essere umano, è la presenza del futuro, è l'incontro con un essere che ancora non è. La Nonviolenza è la forza che trasformerà il mondo, perché trasformo me stesso per non diventare come quello contro cui lotto.
Mi è ogni volta più difficile spiegare il tema, che cosa posso dire io di sincero? Non posso dare lezioni, non so come agirei se mi trovassi in una situazione di violenza. Non è neanche un dogma, non posso esigere da un altro che agisca come pare a me, posso solo decidere la mia forma di agire. Mi sento tutti i giorni obbligato e pressato a prendere parti, a prendere posizioni che non mi piacciono; ogni decisione, ogni azione è un riferimento per qualcun altro vicino a me, e per quelli che mi osservano, la mia decisione è importante. Non posso giudicare quello che farà l'altro, non sono per niente sicuro di avere ragione, né di sapere quello che è migliore per gli altri e per la società. Cerco un'altra cosa, c'è qualcos'altro, e voglio che quel qualcos'altro si esprima nella mia azione. Non voglio esercitare la violenza, non voglio essere parte dei gruppi che la esercitano e tento di trovare la strada, benché molte volte mi vedo imprigionato in una fazione. Voglio che si esprima nel mio agire qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, i migliori sentimenti. Non voglio collaborare con la conoscenza che porta alla distruzione, voglio andare oltre il mio risentimento e voglio che siano i sentimenti più belli a esprimersi quando sto con gli altri. Non voglio imporre le mie verità, ma voglio sentirmi libero di poter agire in accordo con esse. Nella situazione di pressione nella quale vivo quotidianamente, voglio trovare la libertà interna per agire come essere umano, per riconoscere l'essere umano negli altri, ed attraverso la mia azione chiamarlo, far sì che appaia, e se non è possibile farlo apparire nel presente, lasciare l'orma di un'azione che possa essere riconosciuta nel futuro, un'azione che dica che è possibile esprimere l'umano. Ma non posso scegliere per te, come tu non puoi scegliere per me. Così come non posso scegliere per te non posso neanche giudicarti, ma non mi chiedere di accompagnarti, non mi chiedere di sostenerti, farò la mia scelta e farò il vuoto al potere, migliorerò me stesso perché smetta di interessarmi, supererò i miei desideri di potere, imparerò a retrocedere e cercherò di far sì
che la mia azione mostri qualcosa che ancora non esiste, ma che esisterà nel futuro. La mia azione annuncerà il mondo che verrà, l'essere umano del futuro.
Ascolto appena i passi della Marcia della Pace e la Non violenza, sono soavi, non rimbombano come tamburi di guerra, sono soldati che non sconfiggeranno nessuno, ma vi riconosco l'eco di una ricerca, di un anelito, di ciò per cui vale la pena vivere.
Grazie amici,
Dario Ergas, 18 luglio 2009 per la Fondazione Laura Rodríguez
La Richiesta
Silo, 7 maggio 2005 - La Reja (Buenos Aires) - Inaugurazione del Parco di Studio e Riflessione sudamericano
Cari amici.
Ringraziamo per l’appoggio che abbiamo ricevuto da migliaia di persone in America del Sud. I loro nomi appaiono incisi nelle lastre di acciaio di quella grande stele.
Ringraziamo il lavoro di operai, disegnatori, architetti e costruttori.
Ringraziamo coloro che ci accompagnano in questa celebrazione.
…E ringraziamo perché possiamo inaugurare questo luogo aperto alla riflessione personale, allo studio e all’interscambio.
In questi momenti non dobbiamo dimenticare gli altri punti d’incontro che si stanno definendo e moltiplicando nei cinque continenti. In molti di essi, in numerose sale e salette, in diverse parti del mondo, si ascolta e si vede quello che diciamo e facciamo oggi qui perché, lo sappiamo bene, le parole e le immagini circolano da questi spazi ispiratori agli spazi virtuali e da lì risuonano negli spazi dell’attesa.
Molti di noi, ubicati in luoghi diversi, sono allegri per questa celebrazione. Siamo allegri perché non dobbiamo ringraziare né i governi, né le imprese, né i potenti, né i mezzi di diffusione. Tutto è stato costruito qui e in diverse parti del mondo grazie agli sforzi del Movimento Umanista e di un insieme di persone che, senza speculazioni né calcoli, ha appoggiato lo sviluppo del nostro Messaggio.
Pertanto, è opportuno ringraziare adesso questo grande Movimento citando i suoi ideali e le sue proposte fondamentali, che si formalizzano nei sei punti seguenti: “In primo luogo, propizia l’ubicazione dell’essere umano come valore e preoccupazione centrale, in modo tale che nulla sia al di sopra dell’essere umano, né alcun essere umano sia al di sopra di un altro. In secondo luogo, afferma l’uguaglianza di tutte le persone e lavora per superare la semplice formalità dell’uguaglianza di diritti di fronte alla legge per avanzare verso un mondo di uguali opportunità per tutti. In terzo luogo, riconosce la diversità personale e culturale affermando le caratteristiche proprie di ogni popolo e condannando ogni discriminazione praticata in nome di differenze economiche, razziali, etniche e culturali. In quarto luogo, auspica ogni tendenza allo sviluppo della conoscenza al di sopra delle limitazioni imposte al pensiero da pregiudizi accettati come verità assolute o immutabili. In quinto luogo, afferma la libertà di idee e di credenze e, in sesto luogo, ripudia ogni forma di violenza, non solamente quella fisica ma anche quella economica, razziale, sessuale, religiosa, morale e psicologica, come fenomeni quotidiani radicati in tutte le regioni del mondo.”
Questi sei punti dell’Umanesimo costituiscono per noi, messaggeri di un nuovo spirito, la base della nostra dottrina sociale e del nostro impegno di azione nel mondo.
Tuttavia, è nella relazione quotidiana con le persone concrete e di fronte agli affanni della propria coscienza, che ciascuno si interroga sulla direzione che deve dare al proprio comportamento e alla propria vita.
Come può una persona decidere la direzione della propria vita se è molto lontana dall’avere il controllo della propria situazione quotidiana? Come può una persona decidere liberamente il senso della sua vita se è sottomessa alle necessità che le si impongono a partire dal suo stesso corpo? Come può decidere liberamente, incatenata com’è a un sistema di pressioni economiche, a un sistema di relazioni nella famiglia, nel lavoro e nell’amicizia che a volte si trasforma in un sistema di disoccupazione e disperazione, di solitudine, di abbandono, di fallimento delle speranze? Come può decidere liberamente basandosi su un’informazione manipolata e sull’esaltazione mediatica di antivalori, capace di mostrare come massimo modello di comportamento quello del potente, che esibisce impudicamente la violenza, la minaccia, l’aggressione, l’arbitrarietà e l’ingiustizia? Come può decidere liberamente se i capi morali delle grandi religioni giustificano o restano in silenzio di fronte ai genocidi, alle guerre sante, alle guerre difensive o alle guerre preventive?
Poiché l’atmosfera sociale è avvelenata dalla crudeltà, le nostre relazioni personali diventano di giorno in giorno più crudeli e anche il modo in cui ognuno tratta sé stesso diventa sempre più crudele.
I grandi timori dell’essere umano impediscono di dare alla vita una direzione voluta e con significato. I timori della povertà, della solitudine, della malattia e della morte si coniugano e si rafforzano nella società, nei gruppi umani e negli individui…
Però nonostante tutto… nonostante tutto… nonostante questa sventurato imprigionamento, qualcosa di lieve come un suono lontano, qualcosa di lieve come una brezza mattutina, qualcosa che comincia soavemente, si fa strada all’interno dell’essere umano…
Perché, anima mia, questa speranza? Perché questa speranza che, dalle ore più oscure della mia sciagura, si fa strada luminosamente?
…..
Poiché oggi siamo in una celebrazione (e in alcune celebrazioni la gente si scambia regali) vorrei farti un regalo che, sicuramente, vedrai tu se merita di essere accettato. Si tratta, in realtà, della raccomandazione più facile e pratica che sono capace di offrire. È quasi una ricetta di cucina, però confido che tu andrai oltre ciò che dicono le parole…
In qualche momento del giorno o della notte, aspira una boccata d’aria e immagina di portare quest’aria al tuo cuore. Allora, chiedi con forza per te e per gli esseri a te più cari. Chiedi con forza di allontanarti da tutto ciò che ti dà contraddizione; chiedi che la tua vita abbia unità. Non dedicare molto tempo a questa breve orazione, a questa breve richiesta, poiché basterà che tu interrompa per un istante quello che sta succedendo nella tua vita perché, nel contatto col tuo interno, i tuoi sentimenti e le tue idee si chiariscano.
Allontanare la contraddizione è lo stesso che superare l’odio, il risentimento, il desiderio di vendetta. Allontanare la contraddizione è coltivare il desiderio di riconciliazione con gli altri e con sé stessi. Allontanare la contraddizione è perdonare e riparare doppiamente ogni male che si sia inflitto ad altri.
Questo è l’atteggiamento che è opportuno coltivare. Allora, col passare del tempo, comprenderai che la cosa più importante è ottenere una vita di unità interna che darà frutti quando ciò che pensi, senti e fai andrà nella stessa direzione. La vita cresce grazie alla sua unità interna e si disintegra a causa della contraddizione. E succede che quello che fai non rimane solo in te, ma arriva agli altri. Pertanto, quando aiuti altri a superare il dolore e la sofferenza, fai crescere la tua vita e dai un apporto al mondo. All’opposto, quando aumenti la sofferenza di altri, disintegri la tua vita e avveleni il mondo. E chi devi aiutare? Prima di tutto quelli che sono più vicini, però la tua azione non si fermerà ad essi.
Con questa “ricetta” l’apprendimento non termina ma, piuttosto, comincia. In questa “ricetta” si dice che bisogna chiedere, però a chi si chiede? Secondo ciò che credi, sarà al tuo dio interno, alla tua guida o a un’immagine ispiratrice e riconfortante. Infine, se non hai a chi chiedere non avrai nemmeno a chi dare e quindi il mio regalo non meriterà di essere accettato.
Più avanti potrai considerare ciò che spiega il Messaggio nel suo Libro, nel suo Cammino e nella sua Esperienza. E conterai anche su veri compagni che possano intraprendere con te una vita nuova.
In quella semplice richiesta c’è anche una meditazione che si dirige verso la propria vita. E quella richiesta e quella meditazione prenderanno sempre più forza per trasformare le situazioni quotidiane.
Avanzando in questo modo, forse un giorno capterai un segnale. Un segnale che si presenta a volte con errori e a volte con certezze. Un segnale che si insinua con molta soavità però che, in certi momenti della vita, irrompe come un fuoco sacro dando luogo al rapimento degli innamorati, all’ispirazione degli artisti e all’estasi dei mistici. Perché, conviene dirlo, sia le religioni sia le opere d’arte e le grandi ispirazioni della vita sorgono da lì, dalle diverse traduzioni di questo segnale e non c’è ragione di credere che queste traduzioni rappresentino fedelmente il mondo che traducono. Questo segnale nella tua coscienza è la traduzione in immagini di ciò che non ha immagini, è il contatto col Profondo della mente umana, una profondità insondabile nella quale lo spazio è infinito e il tempo è eterno.
In alcuni momenti della storia si leva un clamore, una straziante richiesta degli individui e dei popoli. Allora, dal Profondo arriva un segnale. Magari questo segnale fosse tradotto con bontà nei tempi che corrono, fosse tradotto per superare il dolore e la sofferenza. Perché dietro questo segnale stanno soffiando i venti del grande cambiamento.
Quando, molti anni fa, annunciavamo la caduta di un sistema molti si burlavano di ciò che per loro era impossibile. Mezzo mondo, mezzo sistema che si supponeva monolitico è crollato.
Però quel mondo che è caduto lo ha fatto senza violenza e ha mostrato le cose buone che c’erano nella gente. Inoltre, prima che scomparisse, da quel mondo si è propiziato il disarmo e si è cominciato a lavorare seriamente per la pace. E non c’è stata nessuna Apocalisse. Il sistema è crollato in metà pianeta e, a parte le difficoltà economiche e la riorganizzazione delle strutture che la popolazione ha subito, non ci sono state tragedie, né persecuzioni né genocidi. Come avverrà la caduta nell’altra metà del mondo? Che la risposta al clamore dei popoli sia tradotta con bontà, sia tradotta nella direzione di superare il dolore e la sofferenza.
Come esseri umani non siamo estranei al destino del mondo. Orientiamo la nostra vita in direzione dell’unità interna, orientiamo la nostra vita in direzione del superamento delle contraddizioni, orientiamo la nostra vita verso il superamento del dolore e della sofferenza in noi, nel nostro prossimo e laddove possiamo agire.
Che la nostra vita cresca superando la contraddizione e la sofferenza. Che la nostra vita avanzi facendo avanzare gli altri.
In questo giorno di celebrazione vorrei dare un saluto molto affettuoso a tutti quelli che sono presenti qui e anche a quelli che, pur essendo molto lontani nello spazio, sono in comunicazione con noi.
Silo, 4 maggio 1999
Punta de Vacas - trentesimo anniversario del primo discorso pubblico
Cari amici
Eccoci di nuovo qui! Siamo qui, per questa celebrazione, circondati da alcuni amici che furono presenti fin dall'inizio delle nostre attività e anche in compagnia di altri che, da meno tempo, ci accompagnano in questo difficile compito di umanizzazione in un mondo che, contrariamente alle nostre aspirazioni, si disumanizza giorno dopo giorno.
D'altra parte, per riguardo verso alcuni dei presenti che non contano su di una versione adeguata dei nostri lavori e del nostro insieme di idee, crediamo sia giusto esporre alcuni punti che, sebbene eccessivamente semplificati, possano dare una immagine approssimativa dei fatti che diedero origine a questa corrente di pensiero e azione che fu espressa pubblicamente, per la prima volta, in questo stesso luogo desolato, trent'anni fa.
Eravamo nella decade del '60. Era ormai passata da tempo la barbarie della seconda guerra mondiale e in alcuni luoghi aveva luogo un grande processo di ricostruzione economica e di riordinamento sociale… malgrado ciò, i conflitti bellici continuavano, la fame e le diseguaglianze si estendevano in vaste aree e la capacità di distruzione massiva cresceva senza freni. Il mondo si era bipolarizzato e in entrambi i blocchi si predicava la corsa agli armamenti come una necessità per evitare l'aggressione degli oppositori… Così stavano le cose, il globo si trovava diviso fra ideologie capaci di agire come strumento di dominio, ma che non erano in condizione di intendere il momento storico in cui si trovavano, tanto meno di intendere il processo verso il quale erano trascinate. La crisi di civilizzazione che cominciò ad esprimersi in quell'epoca non fu, ad ogni modo, un fenomeno originale, ma piuttosto il semplice proseguimento ed esacerbazione degli stessi fattori che avevano contribuito a generare le mostruosità e le catastrofi mondiali. È in tale clima di malessere generale che irrompono i fenomeni giovanili di quell'epoca, fra i quali si può scorgere un piccolo gruppo che muove i suoi passi a partire da queste latitudini e che si estende verso punti ogni volta più distanti. Questo gruppo non può esprimersi liberamente perché fin da allora cominciavano a succedersi le dittature e quando l'attività militante dei suoi membri li porta di fronte alla necessità di comunicare le loro proposte ad insiemi più numerosi, comincia a scatenarsi il conflitto che porterà all'incarceramento e alla deportazione di tanti giovani che oggi vogliamo ricordare: giovani valorosi del Cile e dell'Argentina che continuarono a sviluppare in esilio quel movimento nascente.
Vogliamo anche ricordare in special modo i primi membri della Spagna, d'Italia, e degli Stati Uniti, i quali accolsero con solidarietà gli esiliati di quella epoca. Oggi, vari di questi vecchi amici sono qui presenti, uniti da tante esperienze comuni… A tutti loro, va il nostro caloroso saluto.
Ma continuiamo col nostro racconto. Durante la decade del '70 comincia ad articolarsi l'organizzazione della Comunità per lo Sviluppo Umano… si tratta di un raggruppamento sociale e culturale che, col passare degli anni, viene riconosciuto dalle Nazioni Unite. Già da allora si fissano parametri dottrinari più precisi e si stabiliscono le caratteristiche di questo nuovo tipo di movimento che ormai non può più essere confuso con lo spontaneismo di altri gruppi, sulla via di una chiara decadenza e disintegrazione. E' a partire dalla Comunità per lo Sviluppo Umano (quell'organismo il cui logo mostrava un triangolo inscritto in un cerchio), che comincia a svilupparsi un numeroso insieme di club culturali, organizzazioni sociali di quartiere e raggruppamenti di base. Così si va formando lentamente questo Movimento Umanista che si espande attraverso differenti espressioni che vanno dalle campagne di alfabetizzazione nei paesi dei Caraibi e dell'Africa, al lavoro di sanità sociale in cui medici, paramedici e collaboratori agiscono, fra mille limitazioni, ma con grande spirito, in vari punti del mondo. Questo Movimento Umanista, tanto diversificato nelle sue attività sociali e culturali, dà anche origine a partiti politici che cominciano ad articolarsi recentemente nella decade dell''80. Ormai nella decade del '90 il movimento raggiunge la sua piena maturità concettuale, si definisce come Umanesimo Universalista o Nuovo Umanesimo, differenziandosi nettamente dagli antichi umanesimi con i quali non mantiene alcuna relazione organica né ideologica. Quest'anno si appresta a realizzare una valutazione completa di quanto fatto dai suoi primi passi ad oggi e si propone di definire la sua strategia per il secolo venturo.
Per completare il nostro quadro espositivo, diremo che ciò che alla fin fine definisce questo movimento, non è una determinata azione politica, una azione sociale o una attività culturale, ma un insieme di idee e uno stile di comportamento.
Semplificando al massimo le proposte più generali di questo movimento, potremmo dire che esso promuove in primo luogo l'ubicazione dell'essere umano come valore e preoccupazione centrale, in modo tale che nulla sia al di sopra dell'essere umano, né alcun essere umano sia al di sopra di un altro. In secondo luogo afferma l'uguaglianza di tutte le persone e, pertanto, lavora per superare la semplice formalità dell'uguaglianza di diritti di fronte alla legge, per avanzare verso un mondo di uguali opportunità per tutti. In terzo luogo, riconosce la diversità personale e culturale e pertanto riconosce le caratteristiche proprie di ogni popolo e condanna ogni tipo di discriminazione perpetrata in nome di differenze economiche, razziali, etniche e culturali. Quarto: auspica ogni tendenza allo sviluppo della conoscenza al di sopra delle limitazioni imposte al pensiero da pregiudizi accettati come verità assolute o immutabili. Quinto: afferma la libertà di idee e credenze e, infine, ripudia ogni forma di violenza, intesa non solamente come violenza fisica, ma anche sotto tutti gli aspetti di violenza economica, di violenza razziale, di violenza religiosa, di violenza morale e psicologica, come fenomeni quotidiani radicati in tutte le regioni del pianeta…
Queste proposte: considerare l'essere umano come valore centrale, proporre l'uguaglianza di opportunità per tutti, riconoscere la diversità opponendosi ad ogni forma di discriminazione, auspicare la libertà di pensiero e lottare contro ogni forma di violenza, caratterizzano il nostro pensiero e la nostra azione negli aspetti più generali. Allo stesso tempo, queste proposte finiscono per configurare uno stile di vita e una forma di relazione di altissimo valore morale, che può essere espressa in questa frase: "tratta gli altri come vuoi essere trattato!"
Infine va sottolineata, come aspetto determinante del nostro comportamento, la partecipazione in tutti i campi, allo scopo di portare avanti le proposte menzionate. Partecipare nelle aree culturali, sociali e politiche con tutta l'energia e la tenacia di cui siamo capaci, va più in là di una raccomandazione del nostro movimento, per trasformarsi in una necessità di questa epoca critica in cui viviamo. L'argomentazione che sostiene che tutto è in mano ad un sistema infinitamente potente e violento, che le sorti dipendono da corrotti e incapaci, invece di essere motivo di accettazione della nostra condizione di esseri umiliati e sottomessi, deve trasformarsi in uno stimolo fondamentale per cambiare lo stato delle cose pubbliche.
D'altra parte, mettiamo in risalto anche la dimensione di ciò che è strettamente personale e interpersonale che, sebbene inscritto nel contesto sociale, costituisce il nucleo della nostra esistenza. Le relazioni personali, oggi altamente deteriorate, mostrano l'aumento di una violenza sorda in cui il tu e il noi vanno scomparendo e in cui l'individuo, abbandonato, solo e stordito, non trova più vie d'uscita. In questo campo dobbiamo riaffermare che ogni essere umano ha il diritto di farsi domande sul senso della vita, sull'amore, sull'amicizia… su tutto ciò che è la poesia e la grandezza dell'esistenza umana, che una piccola e stupida cultura materialista cerca di denigrare trascinando tutto verso gli antivalori e la disintegrazione.
E in questa situazione che ci tocca vivere, riconosciamo il trionfo provvisorio della cultura dell'antiumanesimo e dichiariamo il fallimento dei nostri ideali che non è stato possibile compiere. Ma i trionfatori di oggi non hanno il futuro assicurato, perché una nuova spiritualità comincia ad esprimersi in tutto il mondo: non è la spiritualità della superstizione, non è la spiritualità dell'intolleranza, non è la spiritualità del dogma, non è la spiritualità della violenza religiosa, non è la pesante spiritualità delle vecchie tavole né dei logori valori; è la spiritualità che si è risvegliata dal suo profondo sonno, per nutrire nuovamente gli esseri umani nelle loro migliori aspirazioni.
Se oggi dobbiamo dichiarare il nostro fallimento, dobbiamo anche annunciare che una nuova civiltà sta nascendo, la prima civiltà planetaria della storia umana. Pertanto, quelle crisi che sopravvengono e sopravverranno ancora in un futuro prossimo, serviranno, nonostante la sciagura, a superare questa ultima tappa della preistoria umana… e ognuno saprà se decidere o no di accompagnare questo cambiamento e ognuno comprenderà se cerca o no un rinnovamento profondo nella sua propria vita.
In questo trentesimo anniversario che celebriamo, voglio far giungere il più caldo ricordo alle centinaia di migliaia di nostri amici nel mondo, e al contempo saluto fraternamente coloro che oggi sono qui ad accompagnarci.
Pace, Forza e Allegria per tutti
La Guarigione della Sofferenza
Questo è il primo discorso di Silo, datato 4 maggio 1969 e pronunciato sulle Ande, nella sperduta Punta de Vacas (il nome rende l'idea), alla presenza di qualche centinaio di uditori che, noncuranti del percorso lungo e complicato e soprattutto della dittatura argentina, erano andati a sentirlo.
In quel posto, tanti anni dopo, è sorto un semplice Parco di Studio e Riflessione ad opera di qualche centinaio di volontari, e chiunque può andarci a meditare o a fare quello che vuole. Ma questa è già storia più recente.
Il discorso parla di cose essenziali, e forse non ci siamo abituati: la violenza nell’uomo, la sofferenza, i desideri, la pace, alcune regole semplici. È un discorso forse un po’ duro e sicuramente molto pieno di futuro e di speranza, nell’essenza. O almeno così sembra a noi che facciamo questo blog. Se volete condividere le vostre impressioni con noi scrivetecele a meditazionealparco@gmail.com: le leggeremo con piacere.
Nota
La dittatura militare argentina aveva proibito lo svolgimento di ogni genere di manifestazioni pubbliche nelle città. Si decise allora di tenere questo discorso in un luogo desolato al confine tra Cile e Argentina, conosciuto con il nome di Punta de Vacas. Già dalle prime ore dell’alba le autorità si disposero a controllarne le vie di accesso: erano chiaramente visibili le postazioni delle mitragliatrici e dappertutto c’erano automezzi militari ed uomini armati. Per accedere al luogo del discorso si era obbligati ad esibire un documento di identità ed a fornire altri dati personali, il che creò non pochi problemi tra i militari e la stampa internazionale. Finalmente, nel meraviglioso scenario delle montagne coperte di neve, Silo iniziò a parlare davanti ad un auditorio di circa duecento persone. La giornata era fredda e soleggiata. Verso mezzogiorno tutto era finito.
La Guarigione della Sofferenza
Se sei venuto ad ascoltare un uomo che si suppone trasmetta la saggezza, hai sbagliato strada, perché la saggezza non si trasmette né attraverso i libri né attraverso i discorsi; la vera saggezza sta nel fondo della tua coscienza, così come l’amore vero sta nel fondo del tuo cuore.
Se sei venuto spinto dai calunniatori e dagli ipocriti ad ascoltare quest’uomo con il fine di usare ciò che ascolti come argomento contro di lui, hai sbagliato strada, perché quest’uomo non è qui per chiederti niente né per usarti, perché non ha bisogno di te.
Ascolti un pover’uomo che non conosce le leggi che reggono l’Universo, che non conosce le leggi della Storia, che ignora le relazioni che legano i popoli. Quest’uomo si dirige alla tua coscienza lontano dalle città e dalle loro malsane ambizioni. Là, nelle città, dove ogni giorno è un affanno troncato dalla morte, dove all’amore succede l’odio, dove al perdono segue la vendetta, là, nelle città degli uomini ricchi e poveri, là, negli immensi campi degli uomini, si è posato un manto di sofferenza e di tristezza.
Soffri quando il dolore morde il tuo corpo. Soffri quando la fame si impadronisce del tuo corpo. Ma non soffri solo per il dolore immediato o per la fame che il tuo corpo sente; soffri anche per le conseguenze delle malattie che colpiscono il tuo corpo.
Devi comprendere che la sofferenza è di due tipi; c’è una sofferenza che sorge in te a causa della malattia (e che può retrocedere grazie al progresso della scienza, così come la fame può retrocedere grazie, invece, al trionfo della giustizia). E c’è un’altra sofferenza che non dipende dalla malattia del corpo ma che da essa deriva: se sei paralizzato, se non puoi vedere, se non puoi udire, soffri; tuttavia, anche se deriva dal tuo corpo, questa sofferenza è della tua mente.
C’è dunque un tipo di sofferenza che non può retrocedere di fronte al progresso della scienza né di fronte al progresso della giustizia. Questo tipo di sofferenza, che è strettamente legato alla tua mente, retrocede di fronte alla fede, di fronte alla gioia di vivere, di fronte all’amore. Devi sapere che questo tipo di sofferenza è sempre basato sulla violenza che si trova nella tua coscienza. Soffri perché temi di perdere ciò che hai, soffri per ciò che hai perduto o per ciò che disperi di poter raggiungere. Soffri perché non hai, o perché hai paura... Ecco i grandi nemici dell’uomo: la paura delle malattie, la paura della povertà, la paura della morte, la paura della solitudine. Queste sono tutte sofferenze proprie della tua mente; tutte denunciano la violenza interna, la violenza che esiste nella tua mente. Considera che questa violenza deriva sempre dal desiderio. Quanto più violento è un uomo, tanto più grossolani sono i suoi desideri.
Vorrei raccontarti una storia accaduta molto tempo fa.
C’era un viaggiatore che doveva fare un lungo cammino. Così attaccò il suo cavallo al carro ed iniziò il viaggio; aveva un limite fisso di tempo per giungere alla sua lontana destinazione. Chiamò l’animale “Necessità” ed il carro “Desiderio”; chiamò una ruota “Piacere” e l’altra “Dolore”. Il viaggiatore conduceva il suo carro ora a destra ora a sinistra, ma non perdeva mai di vista la sua meta. Quanto più velocemente procedeva il carro, tanto più rapidamente si muovevano le ruote del piacere e del dolore, che erano unite dallo stesso asse e trasportavano il carro del Desiderio. Poiché il cammino era molto lungo il nostro viaggiatore si annoiava: decise allora di decorare il carro adornandolo di ogni cosa bella, e così fece. Ma il carro del Desiderio quanto più fu coperto di ornamenti tanto più divenne pesante per la Necessità che lo trainava. Ed infatti nelle curve e sugli erti pendii il povero animale si accasciava, non potendo trascinare il carro del Desiderio. E sulle strade sabbiose le ruote del Piacere e della Sofferenza affondavano. Un giorno il viaggiatore disperò di arrivare a destinazione perché il cammino era ancora molto lungo e la meta ancora molto lontana. Allora, quando scese la notte, decise di meditare; e mentre meditava udì il nitrito del suo cavallo. Comprese il messaggio che questo gli inviava e così, la mattina seguente, liberò il carro di tutti gli ornamenti, lo alleggerì di tutti i pesi, e quella stessa mattina, molto presto, cominciò a trottare con il suo animale, avanzando verso la sua destinazione. Ma il tempo che aveva perduto era ormai irrecuperabile. La notte seguente tornò a meditare e un nuovo avvertimento del suo amico gli fece comprendere che ora doveva affrontare un nuovo compito; e questo compito era doppiamente difficile perché significava il suo distacco, la perdita del suo attaccamento. Di buon mattino sacrificò il carro del Desiderio. E’ certo che così facendo perse la ruota del Piacere; però, con essa, perse anche la ruota della Sofferenza. Montò in groppa all’animale della Necessità e cominciò a galoppare per le verdi praterie fino ad arrivare alla sua destinazione.
Considera come il desiderio ti può limitare. Ci sono desideri di differente qualità. Ci sono desideri grossolani e ci sono desideri elevati. Eleva il desiderio! Supera il desiderio! Purifica il desiderio! Così facendo dovrai sicuramente sacrificare la ruota del piacere ma con essa perderai anche la ruota della sofferenza.
La violenza nell’uomo, mossa dai desideri, non rimane racchiusa nella sua coscienza, come una malattia, ma agisce anche nel mondo degli altri uomini, si esercita sul resto degli esseri umani. Non credere che quando parlo di violenza io mi riferisca solo alla guerra ed alle armi con cui gli uomini distruggono gli uomini: questa è una forma di violenza fisica. C’è una violenza economica. La violenza economica è quella che ti fa sfruttare l’altro; eserciti violenza economica quando derubi l’altro, quando non sei più il fratello dell’altro ma un animale rapace nei confronti del tuo fratello. C’è anche una violenza razziale. Credi di non esercitare violenza quando perseguiti un altro perché è di razza differente dalla tua? Credi di non esercitare violenza quando lo diffami perché è di razza differente dalla tua? C’è una violenza religiosa. Credi di non esercitare violenza quando non dai lavoro a qualcuno, o gli chiudi la porta in faccia, o lo allontani da te perché non è della tua religione? Credi di non essere violento quando rinchiudi tra le sbarre della diffamazione chi non professa i tuoi princìpi? Quando lo costringi a rinchiudersi nella sua famiglia? Quando lo costringi a rinchiudersi tra i suoi cari perché non professa la tua religione? Ci sono poi altre forme di violenza, quelle imposte dalla morale filistea.
Tu vuoi imporre il tuo modo di vivere ad altri, tu devi imporre la tua vocazione ad altri... Ma chi ti ha detto che sei un esempio da seguire? Ma chi ti ha detto che puoi imporre ad altri un modo di vivere solo perché è quello che piace a te? Da dove viene lo stampo, da dove viene il modello perché tu voglia imporlo?... Questa è un’altra forma di violenza. Puoi porre fine alla violenza, in te e negli altri e nel mondo che ti circonda, unicamente con la fede interiore e la meditazione interiore. Le false soluzioni non possono porre termine alla violenza. Questo mondo sta per esplodere e non c’è modo di porre termine alla violenza! Non cercare false vie d’uscita! Non c’è politica che possa risolvere questa folle ansia di violenza. Nel pianeta non c’è partito né movimento che possa porre termine alla violenza. Con false soluzioni non è possibile estirpare la violenza che è nel mondo... Mi dicono che i giovani, alle più diverse latitudini, cercano false vie d’uscita per liberarsi della violenza e della sofferenza interiore e si rivolgono alla droga come ad una soluzione. Non cercare false vie d’uscita per porre termine alla violenza.
Fratello mio: segui regole semplici, come sono semplici queste pietre, questa neve e questo sole che ci benedice. Porta la pace in te e portala agli altri. Fratello mio, là nella storia c’è l’essere umano che mostra il volto della sofferenza: guarda quel volto pieno di sofferenza... ma ricorda che è necessario andare avanti, che è necessario imparare a ridere e che è necessario imparare ad amare.
A te, fratello mio, lancio questa speranza; questa speranza di gioia, questa speranza di amore affinché tu elevi il tuo cuore ed elevi il tuo spirito, ed affinché non dimentichi di elevare il tuo corpo.